Anelli che attirano lo sguardo e che sono pieni di significato: ma ti sei mai chiesta come sono nati e cosa rappresentano? Te lo spiego nel blog!
Le prime testimonianze di anelli intesi come ornamenti delle dita risalgono all’età del bronzo. La loro forma era semplice, a cerchietto o a spirale. Purtroppo non c'è certezza ma probabilmente allora avevano una mera funzione decorativa. Solo successivamente divennero simbolo di potere e autorità.
Per molto tempo, infatti, furono esclusivamente gli uomini a indossarli; per gli antichi Egizi, ad esempio, gli anelli erano sigilli personali che dovevano perennemente essere portati addosso per “timbrare” documenti e garantirne l’autenticità, più o meno come se fossero un documento di identità o il codice Spid.
Questi anelli-sigillo erano sempre composti da una base a forma di cerchietto e un castone, ovvero una pietra incisa, e di solito raffiguravano, insieme alla “firma” del proprietario, anche uno scarabeo. I primi anelli-sigillo nel timore di essere persi avevano la pietra bucata e attraversata da un cordone per poter essere appesa o al braccio o al collo.
Ma dato che accadeva spesso che il filo di corda si spezzasse, fu presto sostituito con il filo metallico e dal momento che per imprimere il sigillo bisognava premerlo con le dita, si pensò che sarebbe stato più comodo indossarlo alle dita.
Col passare dei secoli, prima di diventare un vero e proprio gioiello, l’anello fu considerato simbolo di particolari virtù, valori e doveri.
Innanzi tutto simbolo di fedeltà amorosa: la “fede”, anello nuziale entrato in uso nella Roma antica, veniva indossato dagli sposi all’anulare (appunto dito ufficiale dell’”anulus”) sinistro, perché si credeva collegato da una vena direttamente al cuore. L' intuizione venne poi sfatata nei secoli successivi ma la simbologia religiosa è rimasta.

Inoltre, anelli speciali venivano donati dai Re ai loro dignitari o vassalli, come pubblico riconoscimento di fiducia e stima. Altri anelli realizzati con capelli intrecciati venivano donati come pegni affettivi e scambiati fra amici o parenti. Gli anelli invece che all'interno della pietra avevano impresso lo stemma familiare venivano tramandati da padre in figlio come segno di autorità da capofamiglia.
Dai Bizantini in poi l’anello divenne comune a tutti, uomini e donne, e inteso soprattutto come vezzo prezioso; nel Rinascimento vi fu un vero boom delle pietre preziose, e l’anello tondo, la classica fascetta per intenderci, divenne solo il cerchietto su cui incastonarle.
La Chiesa e i Governi tentarono in ogni modo di porre freno a tale esibizione sfacciata di ricchezza, vanità e opulenza tramite apposite Leggi Suntuarie:
“Non si possino portare a ogni dito più di tre anella, e detta anella non possino avere più che una pietra preziosa o perla per mano…”.
Ma fu inutile: le mani continuavano a sfoggiare anelli su tutte le dita, infilati uno sull’altro sino alla falange superiore.
Del resto persino gli altissimi prelati non rispettavano le leggi suntuarie e Giuliano della Rovere, conosciuto come papa Giulio II, nel celebre ritratto opera di Raffaello Sanzio, esibisce sulle mani ben sei anelli.
E nel Seicento, visto che 10 dita non erano sufficienti, i nobili porporati, seguendo una moda lanciata da Luigi XIV, si facevano cucire gli anelli anche sulle vesti.
Oggi i vescovi indossano solo un anello, detto episcopale o prelatizio; mentre quello del Papa si chiama “piscatorio” (del pescatore), che funge anche da sigillo da apporre su atti e documenti di particolare importanza.
Sul castone del sigillo è raffigurata l’immagine di San Pietro che su una barca tende le reti (“ti farò pescatore di anime”) e intorno è inciso il nome del pontefice: quando il Papa muore, questo anello viene distrutto a martellate e sepolto con lui.
E tu in quale epoca avresti voluto indossare i tuoi anelli?
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Alla prossima storia!